Quando ci chiediamo cosa facciamo su questa terra immersi nel vivere quotidiano e nelle traversie della vita, dovremmo ricordarci che qualcheduno, molto tempo fa, ce lo ha detto in modo semplice e preciso: “Amatevi gli uni gli altri”.
Ebbene si, questo è proprio lo scopo per cui ci incarniamo, viviamo e moriamo. In fin dei conti sembrerebbe facile. Un solo intento, chiaro, senza possibilità di equivoci. Eppure pensiamo un momento alla nostra vita. Pensiamo alle motivazioni che ci spingono ad agire, lavorare, soffrire e aver piacere. Riflettiamo solo un attimo se in tutto ciò vi è o vi è stato spazio per amarci gli uni gli altri. In ogni attività che ci vede protagonisti o gregari, là dove diamo il nostro meglio per carattere o talento, chiediamoci se stiamo ottemperando al nostro compito principale. Da politici, economisti, educatori o artisti, scienziati, religiosi od organizzatori, chiediamoci se facciamo ciò per cui siamo destinati.
Basterebbe questo scopo a delineare ed incidere qualsiasi percorso esistenziale, compreso quello di una crescita spirituale consapevole. Eppure quanti sentieri si dipartono ai piedi del Calvario per giungere chissà dove. Ce n’è per tutti i gusti, lo sappiamo… tracciati apposta per gli occidentali razionali o gli orientali più mistici; tuttavia, per quanti ne esistano, tutti hanno in sé lo stesso seme che contiene un unico proposito: “Amatevi gli uni gli altri”. Perché allora tutte queste differenziazioni che molto spesso inducono il pellegrino a perdersi entro labirinti tortuosi? Perché nell’infinità di forme che danno vita alla molteplicità dell’esistenza ognuno sperimenti la sua strada anche a rischio di smarrirla. E infatti quante volte lo si smarrisce il sentiero per mancanza di indicazioni e, a volte, per eccesso di informazioni. A quel punto che fare? La conoscenza non è bastevole per ritrovare il cammino e neppure, d’altro canto, un misticismo fatto di aneliti devozionali. Vi è una sola via d’uscita, sbarazzarsi di tutte le sovrastrutture mentali ed emotive ed affidarsi al Cuore che non conosce ma sa, che non ode ma ascolta, che non scorge ma vede; che non complica ma rende semplici tutte le cose.
Alla luce di questa sconvolgente verità, dovremmo illuminare il nostro cammino e sperimentare la tanta teoria che abbiamo accumulato in anni di studio e riflessione, ed alla fine porci una domanda: “Ciò che stiamo sperimentando ci sta conducendo ad amarci gli uni gli altri”? Dalle indicazioni degli effetti del nostro operare potremmo ricavarne un quadro veritiero. Sono effetti che volgono al bene comune, alla pacifica convivenza, al reciproco sostegno o, al contrario, ci rivelano una scarsa accoglienza e comprensione? In conseguenza a queste considerazioni dovremmo aggiustare la rotta e indirizzare meglio il cammino, poiché gli effetti non mentono. Essi sono il condensato di cause e significati; il concreto precipitato di intenti e motivazioni. Quando l’effetto del nostro vivere manifesterà l’amore per l’altro, allora sapremo che staremo calcando la retta via.