Siamo sempre più bombardati da notizie di atti di bullismo ora a livello di risse programmate nelle piazze delle città e cittadine d’Italia. Un fenomeno dilagante che ha origine nella rabbia repressa dai molti giovani, vittime essi stessi dell’abrutimento culturale e sociale. La pandemia sta dando il suo contributo in termini di separazione fisica, che per i giovani adolescenti diventa una sorta di costrizione non solo fisica, ma soprattutto emotiva. Privati della necessità vitale di aggregarsi, riunirsi in una cerchia affettiva e, quindi, riconoscersi nel gruppo di appartenenza sociale, scolastico o culturale.
Non sembri strano, dunque, che i giovani più in astinenza della emotività affettiva di gruppo, un’emotività repressa in rabbia, ingaggino rituali di sfogo, organizzando risse di gruppo che, seppur deleterie, evocano il loro bisogno di intreccio. Quando l’armonia non trova il suo spazio è il conflitto a prenderne il posto nella funzione aggregante. Sembra un paradosso e invece non lo è. Lo scontro sostituisce un incontro che viene negato. La lotta come surrogato dell’intreccio e scambio affettivo!
Così è l’animo umano quando gli si nega l’amore in una delle sue molteplici espressioni. L’odio ne è testimonianza!
Prendiamone atto; allarghiamo le braccia e accettiamolo come conseguenza del tanto, troppo, disagio esistenziale dei nostri giovani figli.