di Edoardo Conte
Forme, e contenuti, apparenza e realtà, sono i termini contrapposti che rimbalzano nella mente e producono conflitto, confusione e dubbio. Occorre fare chiarezza, prima di tutto sulle intenzioni, poi sui significati che diamo alle intenzioni e infine verificare che gli effetti siano quelli rispondenti alle cause e ai significati.
Mettere ordine dentro di noi è la prima azione da compiere per non ritrovarci come tanti, a dover rinunciare al Sentiero iniziatico, perché delusi o sconfortati dai tanti ostacoli che lo punteggiano. Ostacoli che a ben vedere, ci siamo procurati noi stessi, proprio per i dubbi e la confusione interiori.
La Magia cerimoniale serve proprio a dissolvere gli ostacoli poiché concentra l’essere sul movente creativo, e quindi, non dà spazio a quei pesi o degradi su cui l’aspirante, invece, si “compiace” di stare. Una compiacenza che è figlia della paura, la paura di seguire il cuore.
Questo è il primo e vero ostacolo che l’aspirante pone dentro di sé. Non si fida ancora del cuore, per le molte, troppe ferite che ancora si fascia, nella speranza che guariscano da sole. No, non guariscono se non si curano con il coraggio di agire in prima persona, prendendosi la responsabilità della guarigione. Non ci sono Santi o Maestri, o guide superiori che, in Aquarius, possano intercedere per noi. Questa è la sacrosanta verità che colora l’era di Aquarius, appena iniziata, di una tinta violetta come la fiamma del Maestro R.
E, infatti, è proprio questo Maestro a dirigere l’orchestra del- l’Acquario, scandendo le note della rigenerazione e del rinnovamento epocale. Lui, che da Signore della Civiltà, predispone l’architettura orchestrale in modo che i violini del cuore sovrastino i tromboni della superbia e, con i loro richiami struggenti, risveglino le coscienze affinché si aprano all’amore. Dunque, la Magia cerimoniale è arte del cuore che illumina la mente e la predispone alla creazione in completa risonanza all’invito scoccato dalla freccia di Cupido, il Deva complice, che si presta al Signore della Civiltà, per mano del Cristo.
Mai, prima d’ora, si verificò una scelta tanto importante quanto azzardata, concedetemi il termine, da apparire nel cuore della Gerarchia spirituale come la rivoluzione acquariana. E di rivoluzione si tratta, poiché ribalta i concetti e le procedure di Pisces — la grande era appena finita — sulle cui indiscusse verità àncora il nuovo. E il nuovo consiste, in prima istanza, nel compiere la scelta, coraggiosa per l’Umanità, di non più affidarsi, con fare devoto, all’intercessione delle entità superiori. Prendere la responsabilità del proprio destino, è ora il comando che impera, attuando il patrimonio di esperienza acquisito e
procedere nell’espressione delle qualità cristiche.
Questo immenso atto di coscienza, che l’Umanità si appresta a compiere, è il preludio al ritorno del Cristo. Senza di ciò non vi sarebbero le circostanze adeguate e l’ambiente idoneo al suo tornare. Eppure, non di un ritorno si tratta, sebbene l’Umanità lo agogna per le tante traversie in qui è immersa, dato che il Cristo è ed è sempre stato con noi, su questo pianeta, seppur non concluse la sua missione, poiché, da stolti, lo mettemmo in croce.
Ora è il tempo di focalizzare il cuore e la mente, non più sulla croce, ma sulla resurrezione; che ci coinvolga in un afflato di coraggio rigenerativo e faccia di noi quel che già fummo: la mano creativa del Signore del mondo.
Lo fummo e lo smarrimmo in un lontano passato, il cui ricordo ci giunge dalla mitologia biblica della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre o, in una lettura più esoterica, dalla antica guerra dei cieli in cui le forze della Luce finirono di prevalere, come sempre, sulle forze delle tenebre. Tremendo fu lo scontro, fatale per l’Umanità, ancorché necessario a salvarla, paradossalmente, dalla sua stessa insipienza. Fu, allora, un peccato d’orgoglio, se così si può definire l’espressione della genialità umana nei confronti della sapienza divina dei Signori della Fiamma, appellativo che trasmette subita- mente la
qualità di quella progenie divina che istruì, mal ripagata, la razza umana, ai tempi di Atlantide.
La Fiamma della mente; di una mente tanto vasta e sublime, da essere tutt’uno con il cuore del mondo, era la qualità di quei Signori, che scelsero di troncare il filo arcobaleno, o del legame connettivo, lungamente tessuto affinché gli uomini potessero crescere in creatività, ed eguagliarli, Loro, i maestri, nell’arte e scienza della creazione.
Questo fu il gesto di grande compassione, nel momento in cui la lotta infuriava e l’ombra della distruzione di Anime, e non di corpi, incombeva sulla nostra stirpe. Da quel giorno funesto per un verso, e salvifico per l’altro, — come sempre accade quando il paradosso scandisce la verità — con la fatica e il dolore abbiamo continuato il cammino, perdendo quell’arte magica della creazione che proietta la forza della mente partendo da un’immagine modello. Rimboccandoci le maniche, l’abbiamo, gioco forza, rimpiazzata con la tecnica del costruire, pezzo su pezzo, e assemblarne le parti per dar moto all’intero.
Abbiamo, quindi, perso la visione dell’unità creativa e, prigionieri della separatività, l’abbiamo ridotta in frantumi. Se guardiamo alla tecnologia che da allora abbiamo sviluppato, si riconosce quel Principio smarrito nell’affanno della ricerca scientifica che,
avendo perso la visione d’origine, ricuce i frammenti nell’analisi dei particolari, con la speranza di carpire il segreto dell’intero che è tutt’uno con l’Uno.
È tempo di ricostruire Lasciandoci il passato alle spalle, recuperando il tempo perduto, sentiamoci pronti a ripartire col piede giusto. Alla fine della linea ideale che congiunge la partenza all’arrivo o, in altri termini, collega l’intento al risultato, poniamo il modello a cui tendere ed evocare. Poniamolo bene in vista, affinché il nostro proposito impersonale lo colga in tutta la sua potenza e diriga l’impulso creativo, progettando le linee di forza della sua struttura.
La Magia cerimoniale ci guiderà, attraverso le sue intime procedure, riportando alla memoria quell’arte dimenticata. La fonderemo alle liturgie dell’odierna comunicazione, così unendo l’antico al nuovo, nella formula del 7° raggio: il raggio dell’Ordine divino. Impareremo a concentrare l’energia in un punto preciso del cervello e da li, focalizzarne la forza espressa, mediante un proposito univoco. Costruire la forma-pensiero con i “materiali” e le proporzioni idonee, al fine di proiettarla come un laser sullo schermo della creazione. Quindi, precipitarla attraverso il centro del Cuore, affinché si irradi per ogni dove nella rete unica che collega il cervello dell’Umanità. Come sinapsi neurale che unisce le proposizioni del Cielo alle vicende umane, la nostra creazione mentale, rivestita di sostanza cardiaca, produrrà un vortice pervasivo, viaggiando in lungo e in largo con moto
proprio. Essa aspirerà per affinità attrattiva tutte quelle vibrazioni degradate che ristagnano nel nostro quotidiano, elevandone la frequenza. Infine, quel ciclone benefico, concentrerà la sua forza salvifica risalendo negli strati sottili della sublimazione, in cui il Padre celeste accoglierà quelle forme redente a braccia aperte, come fece l’umano padre nei confronti del figliol prodigo.
Alla fine di questa complessa, ma coinvolgente prospettiva, possiamo affermare che la Magia cerimoniale sia la capacità del pensatore/osservatore, o del discepolo, di manipolare energia e sostanza secondo le linee di forza eterica, per produrre apparenza fenomenica nelle vicende del mondo.