Roberto Assagioli ha dedicato sessanta e più anni della sua lunga vita a sviluppare una concezione comprensiva dell'essere umano: la psicosintesi. Si tratta di un metodo che ha la virtù di affrontare gli aspetti essenziali dell'esistenza umana e di essere al tempo stesso fondamentalmente pratico. Io ebbi la fortuna di conoscere personalmente Assagioli e di studiare a lungo con lui: un vero vecchio saggio, una sorgente inesauribile di gioia.
Questo libro, che Assagioli mi incoraggiò a scrivere, ha lo scopo di delineare i temi principali della psicosintesi così come li ho imparati da lui e usati nel mio lavoro. Tutti i principi e le tecniche qui esposte furono creati o descritti da Assagioli. I dettagli, i casi, e i modi specifici di presentare gli esercizi sono miei.
Vorrei qui esprimere la mia gratitudine a Roberto Assagioli per tutto ciò che mi ha dato a tutti i livelli. Vorrei anche ringraziare Stuart Miller per il suo contributo prezioso di intelligenza, gentilezza e soprattutto buon gusto nel rivedere questo libro; Laura Huxley, per i suoi consigli pratici; Diana Becchetti-Whitmore, per lo humour dei suoi commenti editoriali e per aver collaborato con me durante questi anni, un fatto che ha lasciato una traccia profonda in tutto il mio lavoro; Massimo Rosselli, i cui suggerimenti di base sono molto serviti a migliorare il libro; David Grabijn per la sua lettura attenta del manoscritto e alcune lucide osservazioni e Jean Bond, semplicemente per la sua presenza nel periodo in cui questo libro è nato; e poi Lisa Mitchell, Madeleine Shaw, Ida Palombi, Beverly Besmer, Andrea Bocconi, Alberto Alberti, Naomi Emmerling, Shanti van Hiersel, Matilde Santandrea.
Infine, vorrei ringraziare tutti i miei clienti, studenti e colleghi che con suggerimenti, esperienze e resoconti mi hanno aiutato in infinite maniere. Inoltre voglio esprimere gratitudine alla mia famiglia, senza il cui appoggio questo libro non sarebbe mai venuto alla luce.
Usare le tecniche esposte in questo libro significa creare in noi stessi la possibilità di trasformazioni e sviluppi di grande interesse e importanza. Inoltre, queste stesse tecniche possono essere usate in vari contesti quali la scuola, la terapia individuale e di gruppo, la pratica medica, l'assistenza sociale, le attività artistiche, l'organizzazione aziendale, lo sport.
I risultati che emergono da questo lavoro vanno al di là dei limiti di questa o di quella scuola, e toccano un'area ben più vasta: lo sviluppo del potenziale umano. Questo è uno dei campi in cui l'indagine scientifica è più urgente. Chiunque voglia partecipare a questo tipo di ricerca può inviare all'autore (Piero Ferrucci, Piazza Garibaldi 12, Fiesole, Firenze) rapporti scritti su esperienze e risultati emersi dall'uso delle tecniche qui descritte, o dalla loro applicazione nel proprio campo professionale.
Gli scopi di questo lavoro sono di facilitare la raccolta dei dati, e di creare una rete di interazione e di ricerca fra persone interessate alla crescita umana.
PIERO FERRUCCI
Introduzione
Narra un'antica storia orientale che a un uomo, da anni alla ricerca del segreto della vita, fu detto che un pozzo possedeva la risposta a cui egli così ardentemente aspirava.
Trovato il pozzo, l'uomo pose la domanda, e dalla profondità giunse la risposta: "Vai al crocicchio del villaggio: là troverai ciò che cerchi".
Pieno di speranza, l'uomo obbedì, ma al luogo indicato trovò soltanto tre botteghe: una bottega vendeva fili metallici, un'altra legno, e la terza pezzi di metallo. Nulla e nessuno in quei paraggi sembrava avere a che fare con la rivelazione del segreto della vita.
Deluso, l'uomo ritornò al pozzo a chiedere una spiegazione. Ma il pozzo gli rispose: "Capirai in futuro". L'uomo protestò; ma l'eco delle sue grida fu la sola risposta che ottenne. Indignato per l'inganno che gli pareva di avere subito, l'uomo continuò le sue peregrinazioni. Col passare del tempo il ricordo di questa esperienza svanì, finché una notte, mentre stava camminando alla luce della luna, il suono di un sitar (lo strumento musicale dell'oriente) attrasse la sua attenzione. Era una musica meravigliosa, suonata con grande maestria e ispirazione.
Affascinato, l'uomo si diresse verso il suonatore; ne vide le mani che suonavano abilmente; vide il sitar; e infine gridò di gioia, perché aveva capito: il sitar era composto dei fili metallici, dei pezzi di metallo e di legno come quelli che molto tempo prima aveva visto nelle tre botteghe, e aveva giudicato essere senza particolare significato. Ora l'indicazione del pozzo era chiara: abbiamo già tutti gli elementi necessari, ma nessuno di essi ha significato finché lo percepiamo come un frammento a sé stante; ma non appena i vari elementi sono uniti in una sintesi, emerge una nuova realtà, la cui natura ci era impossibile vedere esaminando separatamente i vari frammenti.
"Il tutto è maggiore della somma delle sue parti": questa legge, semplice e fondamentale, è osservabile dovunque, tanto nel mondo naturale quanto in quello più propriamente umano: una melodia è qualcosa di più delle note che la compongono; una parola è un'entità di ordine più elevato delle singole lettere da cui è formata; un organismo è una totalità superiore alle cellule da cui è costituito.
Se ora consideriamo la psiche umana, notiamo che anch'essa è composta di vari elementi: sensazioni, impulsi, desideri, emozioni, idee, intuizioni, e via dicendo. Alcuni di questi elementi sono associati fra loro; fra altri ci sono discrepanze o conflitti; altri ancora, infine, esistono fianco a fianco, estranei e completamente eterogenei. E' raro che la psiche presenti quell'unità, quell'armonia organica e quella sinergia (nel senso di azione simultanea e coordinata) che troviamo per esempio nell'organismo fisico umano. Dobbiamo credere che sia possibile unire questi vari elementi del microcosmo psichico in una sintesi vivente? E che questa sintesi sia il risultato di un salto qualitativo paragonabile a quello che intercorre fra i pezzettini separati e il sitar della storia orientale? L'esperienza empirica sembra indicare che ciò è possibile, che dalla psiche unificata nasce una vera e propria nuova entità di ordine superiore al miscuglio che la precede.
Le prime osservazioni e riflessioni in questo senso sono opera dello psichiatra fiorentino Roberto Assagioli, il quale notò parecchi anni fa che quando i vari elementi del nostro essere esistono senza connessione fra loro o sono in conflitto, nasce la sofferenza psichica, viene a mancare l'equilibrio interno, e diventa difficile attribuire validità alla propria esistenza. Ma osservò anche che non appena questi stessi elementi si uniscono, c'è in noi una liberazione di energia, proviamo un senso di benessere, e percepiamo più chiaramente il significato della nostra vita.
Vedendo che questo processo tende a compiersi in modo naturale in tutti gli esseri umani, ma che assai spesso si blocca, Assagioli creò tecniche atte a evocarlo e a facilitarlo. Dopo essere stato vicino alla psicanalisi (fu considerato da Freud quale uno dei suoi rappresentanti in Italia agli inizi dei secolo), Assagioli se ne distaccò gradualmente per creare il suo sistema, un metodo psicologico pratico, aperto a tutti i contributi e suscettibile di applicazioni nei vari campi, quali l'educazione, la terapia e i rapporti interpersonali e sociali. A questo sistema egli diede il nome di psicosintesi.
La psicosintesi non è solo una forma di allenamento psichico (che promette una stessa variabile in quantità sempre maggiori: più energia, più concentrazione, più rilassamento) o una forma di terapia (che promette quantità sempre minori di uno stesso sintomo: meno depressione, meno ansia, meno tensione). Il suo scopo è soprattutto di evocare l'interezza, e facilitare l'accesso a un livello superiore d'integrazione.
Il tema della sintesi venne poi inserito da Assagioli in una concezione pragmatica della psicologia. Lo studio clinico o accademico della psiche e del comportamento non è sufficiente: deve essere completato da un sistema pratico. E allora si affrontano quelle dimensioni della vita umana che contano veramente e che, se sono ignorate, portano a un'esistenza misera e assurda: si cercano i metodi atti ad aiutare un individuo a conoscere meglio le forze inconsce che lo controllano, e a scoprire la sua volontà; si elaborano tecniche che gli permettono di affilare la mente, di risvegliare l'intuizione, e di immaginare con maggiore vitalità e ricchezza; gli si danno strumenti per imparare ad amare in maniera più viva e consapevole, per apprezzare la bellezza, per evocare quelle "esperienze delle vette" che rappresentano i momenti più intensi e creativi della nostra vita. E questo è proprio ciò che ha fatto Assagioli con la psicosintesi, dando origine a una tradizione culturale alla quale partecipano individui di vari paesi, attratti dalla bellezza e dall'urgenza di questo compito.
Come viene adoperata concretamente la psicosintesi?
Il lavoro consiste in sedute individuali o di gruppo, ma può benissimo essere svolto per conto proprio, con esercizi specifici come quelli descritti in questo libro; ed è bene a questo proposito ricordare che questi esercizi sono particolarmente efficaci se usati regolarmente: come in tutte le discipline, si tratti di scalare una montagna o di suonare il piano, di imparare una nuova lingua o di giocare a tennis, un fattore essenziale, se si vuol far succedere qualcosa, è la pratica.
Lo sviluppo che consegue dalla pratica di esercizi psicosintetici è di solito graduale. Quando cominciamo a farli, non è raro che ci aspettiamo subito fuochi d'artificio: e certe volte questo avviene. Ma è più comune che in un primo momento non accada nulla di apparentemente importante: magari non riusciamo neppure a seguire le direttive date, oppure ci distraiamo, o ci blocchiamo, oppure ancora diventiamo irrequieti e ci vien voglia di fare qualcos'altro. E' solo dopo qualche tempo che ci rendiamo conto che sono in corso grossi cambiamenti.
Questo ritardo ha una ragione: prima che emergano risultati duraturi e di una certa importanza, il nostro inconscio deve elaborare gli stimoli a cui è stato esposto. Come dice Assagioli:
"Questa elaborazione si può considerare come una vera e propria "gestazione psichica", che presenta strette analogie con quella fisica. Entrambe si compiono nel profondo, nel mistero, l'una nel grembo materno, l'altra negli intimi recessi dell'inconscio; entrambe sono attività spontanee e autonome, ma delicate e sensibili sì da venire facilmente disturbate e anche compromesse da influssi esterni; entrambe infine culminano nella crisi e nel miracolo della manifestazione di una nuova vita".
Il concetto di "gestazione" ci ricorda che nella psicosintesi stimoliamo forze che sono già presenti in noi: energie latenti, ma che talvolta possiamo vedere direttamente in funzione. Sono le forze che operano, per esempio, quando una ferita emotiva si rimargina lentamente; quando, in occasione di una crisi, scopriamo in noi un coraggio insospettato; quando, dopo aver pensato a lungo e inutilmente a un problema, la soluzione ce ne viene improvvisamente in mente; quando ha luogo in noi una trasformazione spontanea, o quando un'ondata di energia e di nuove idee ci dà la carica, dopo che ci eravamo lasciati abbattere da un periodo di stanchezza.
L'efficacia degli esercizi di psicosintesi deriva proprio dalla attivazione di queste forze positive. Intravedere le possibilità immense che si aprono non appena si parla di crescita può generare entusiasmo. Ma attenzione a che questo entusiasmo non diventi ossessione, fanatismo, pressappochismo, o non generi pericolose deformazioni. Ed è appunto a questi pericoli che vorrei accennare ora.
Forse la deformazione più comune è il tecnicismo, la convinzione implicita che la tecnica stessa, anziché la maniera in cui essa viene usata, sia il fattore che causa la trasformazione. Un esempio può illustrare questo pericolo. Uno psichiatra aveva lavorato per un certo periodo con un bambino autistico; aveva tentato inutilmente di comunicare con lui, ma il bambino era sempre rimasto chiuso nel suo mondo. Finalmente, un giorno, seguendo un impulso intuitivo, lo psichiatra prese una matita, la gettò per terra, e disse al bambino di raccoglierla. Nel tono della sua voce c'era il peso di tutte le sue speranze e di tutti i tentativi falliti. L'atmosfera era matura: il bambino raccolse la matita e in quel momento magico fra i due si stabilì una comunicazione.
In seguito lo psichiatra parlò di questa sua esperienza a un gruppo di colleghi. E poco dopo molti di loro incominciarono ad andare in giro a buttare meccanicamente matite a bambini autistici, aspettando che, i bambini le raccogliessero. Naturalmente, quella che era ormai chiamata "la tecnica della matita", non funzionò.
La stessa deformazione può comparire con le tecniche della psicosintesi: possiamo usarle meccanicamente, e perdere tempo; possiamo farne giochi da salotto; oppure possiamo usarle con attenzione e con pazienza come strumenti per trasformare la nostra vita. Ne facciamo insomma ciò che vogliamo: di per sé, non offrono alcuna garanzia.
Una seconda grossa deformazione è il narcisismo nel senso più ampio del termine, per cui siamo completamente presi dal nostro processo psichico e perdiamo ogni interesse per altri esseri umani e per la società in genere. Le vittime di questa deformazione dimenticano che nessuna tecnica usata per la crescita personale ha valore se non esercita un influsso creativo sul nostro modo di entrare in relazione con gli altri. E le relazioni interpersonali, è bene aggiungere, sono a loro volta uno stimolo essenziale all'evoluzione individuale. Come disse Martin Buber, "L'uomo diventa Io tramite un Tu", e non c'è vera crescita che rimanga puramente nell'ambito individuale.
Un recente movimento di pensiero, attivo soprattutto negli Stati Uniti, è arrivato a condannare tutte le forme di interesse nella crescita personale sotto l'accusa di narcisismo. Uno dei suoi rappresentanti, Christopher Lasch, mette in luce in un suo ottimo libro, The Culture of Narcissism, una costellazione di atteggiamenti connessi col narcisismo che egli vede nella cultura contemporanea (particolarmente quella americana): la mancanza, nella gente, di un senso di continuità storica, l'etica della sopravvivenza personale, la noia cronica e la ricerca continua di stimolazione emotiva, la sfiducia nelle proprie possibilità di cambiare il mondo, l'assorbimento nel proprio universo privato.
Questa tesi, per quanto valida possa essere da un punto di vista di critica storica, ignora però un fatto fondamentale: il modo in cui una persona agisce, ciò che produce o esprime, e la maniera in cui entra in relazione con gli altri, dipende da ciò che essa è. Per esempio, se la sua maniera di pensare è viziata da pregiudizi o da pigrizia mentale, questa persona non può partecipare in maniera intelligente alle decisioni della sua comunità; se manca di sensibilità alla bellezza e di un senso intuitivo del tutto, non può essere veramente consapevole dell'ambiente in cui vive e della sua ecologia; se ha continuamente bisogno di appoggiarsi ad altri, non possiamo sperare che agisca con responsabilità e autonomia; se non ha affrontato i suoi blocchi psichici, non le sarà possibile partecipare alla formazione di una società più aperta; se vede i fatti attraverso il filtro di annosi pregiudizi, sarebbe inutile aspettarsi che concepisca creativamente il futuro; e se le sue relazioni sono inquinate, le sarà difficile contribuire in maniera efficace all'interazione sociale.
Qualsiasi cambiamento iniziato da persone poco integrate non farà che perpetuare le loro stesse deficienze e moltiplicarle su scala collettiva. Come disse il saggio indiano Ramana Maharshi, "Come tu sei, così è il mondo". Per questa ragione è l'individuo che deve cominciare a lavorare su di sé, pur evitando i rischi del narcisismo. Questo lavoro, poi, non esclude per nulla l'impegno e anche la lotta sociale.
Un altro pericolo è il trionfalismo: un'euforia passeggera ci porta ad aspettarci risultati istantanei, totali e permanenti. Il desiderio magico di vivere per sempre felici e contenti ci può far sperare miracoli. E invece i veri risultati arrivano solo dopo che abbiamo accettato le nostre limitazioni: dobbiamo esser coscienti della nostra relativa piccolezza, di quante difficoltà ci sono, di quanto sono mutevoli le emozioni, di come facilmente possiamo essere influenzati, di quanto complessa è l'esistenza umana, di come è probabile che il caso interferisca con i nostri progetti, e infine di come è misteriosa la vita nella sua essenza più profonda.
Non è che dobbiamo guardare a questi fatti come a impedimenti; al contrario, esserne pienamente consapevoli ci può aiutare a incorporarli in qualche maniera nel nostro sviluppo. E' per questo che la psicosintesi dà valore ai momenti di oscurità come a quelli di gioia e di illuminazione; anziché promettere la scomparsa di tutti gli ostacoli dà importanza alla loro trasformazione in gradini del processo di crescita; considera più essenziali il dubbio e il rischio che non un temporaneo benessere psichico; preferisce la creatività insita nella confusione alla chiarezza ingannevole delle risposte già confezionate; mette in rilievo lo sforzo così come l'assenza di sforzo; riconosce l'immensa variabilità degli esseri umani, e quindi non promette alcun risultato uguale per tutti.
La psicosintesi, insomma, prende atto della complessità della condizione umana, e non offre alcuna ricetta universale. Come rispondeva scherzando Assagioli a quelli che si ribellavano a questa realtà: "Non è colpa mia se l'universo è così complicato!".
La comprensione di tutto ciò ci porta a considerare ancora un altro pericolo: l'unilateralità. Se sviluppiamo soltanto una parte del nostro essere a scapito delle altre, si tratti del corpo, dell'emotività, dello spirito, o di qualsiasi altro nostro aspetto, quella parte è investita di un potere che da sola non merita. Possiamo dire che diventa "demonica" e che può renderci limitati, forse anche fanatici. Quando è sana ed equilibrata, la crescita umana procede in tutte le direzioni: ha più l'aspetto di una sfera che si espande che di una linea che si allunga. Un mio studente mi ha raccontato una sua vicenda personale che illustra bene la necessità di una prospettiva unitaria: "Quando ero bambino mi divertivo ad avere sogni a occhi aperti di vario genere a letto prima di dormire.
Il mio sogno preferito era quello di immaginare di essere un sottomarino che si muoveva negli abissi dei mare; poi però non potevo andare sulla terra; così dovevo immaginare di essere un carro armato, libero di muoversi sul fango, sulla sabbia, sulle pietre, dovunque; ma dopo un po' mi sentivo limitato anche come carro armato: come facevo a raggiungere il cielo? Allora diventavo un aereo: ma gli aerei possono solo volare; finalmente una notte decisi che sarei stato tutti e tre contemporaneamente, una specie di macchina fantastica capace di volare, di esplorare gli abissi dei mare e di muoversi sulla terra con facilità e rapidità. Potevo arrivare dovunque, e la cosa mi rendeva molto contento. Lavorare con la psicosintesi mi ricorda quel sogno a occhi aperti della mia infanzia. Sento che la psicosintesi mi equipaggia, per così dire, a muovermi a tutti i livelli, che mi trasmette una certa familiarità con tutte le parti di me stesso".
Dopo aver esaminato la natura e i limiti del lavoro psicosintetico ci possiamo mettere all'opera. Nelle pagine seguenti sono descritti i temi e i modelli concettuali più importanti della psicosintesi così come viene praticata oggi: e si tratta di ipotesi di lavoro, non certo di dogmi assoluti. Ci sono anche degli esercizi che, ricordiamolo, non sono dei sacramenti, e quindi possono essere modificati e adattati alle singole esigenze.
Dei casi, sono stati scelti quelli che più limpidamente illustrano i principi esposti. Infine, abbiamo il laboratorio in cui fare esperimenti e verificare risultati: è un laboratorio complesso, fluttuante nella sua soggettività, dinamico nella sua continua mutevolezza; ma si tratta pur sempre di un laboratorio accessibile in ogni momento, pregno di inventività, e quindi disponibile alla comparsa di trasformazioni e sorprese inimmaginabili: e quel laboratorio siamo noi stessi.