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Il mondo che vorrei: La Politica

di Edoardo Conte

Questo scritto ha lo scopo di farti riflettere sul condizionamento che subisci facendo parte di un sistema, solamente per il fatto che sei nato/a o vivi in un determinato luogo e Nazione. Il sistema è la scatola in cui sei chiuso/a, anzi, un insieme di scatole cinesi le cui pareti invalicabili, o regole, delimitano lo spazio di gioco e la tua possibilità di azione. Entro di esse puoi condividere o protestare, puoi combattere o assecondare. Non ti è consentito uscire dalla scatola né modificarne la forma, pena l’emarginazione, a meno ché tu non sia così sveglio/a da chiederti il perché di tutte le cose e mettere in discussione la scatola stessa, ripensandola.

La principale scatola, contenitore di tutte le altre, è quella del sistema Paese. All’interno di essa si trovano le singole scatole che contengono le sette principali attività umane suddivise in: Politica, Educazione, Economia, Arte, Scienza, Religione, Ordine o  Giustizia.

In questo scritto prenderemo in considerazione la scatola del sistema politico che, nel nostro Paese, si basa sulla democrazia. Il nostro sistema democratico è fondato sul concetto che il popolo è sovrano. Il cittadino è dunque, responsabile della gestione del Bene comune, mediante le sue scelte. Così almeno in teoria. Purtroppo nella pratica le scelte non sono proprio dirette, bensì subordinate all’elezione di rappresentanti. Elezione che, di nuovo, è solo teorica, dato che il cittadino può scegliere unicamente il partito in cui riconoscersi per affinità di intenti. I rappresentanti saranno poi scelti dai vertici del partito e obbediranno a strategie di potere per ottenere il più alto consenso. Tutta la libertà che ti viene concessa, caro amico, è in fine, quella di votare un partito, la cui appartenenza ti isolerà da quelli che non saranno dalla tua stessa parte: coloro che indicherai come avversari o addirittura nemici. Dopo le votazioni, scoprirai che un solo partito o una sola coalizione avrà ottenuto la maggioranza e, in virtù di questa, formerà il Governo. Maggioranza che imporrà le proprie scelte su una minoranza.

Maggioranza... minoranza...

Ancora una volta due soggetti costretti a contrapporsi.

Questa è la strategia dell’attuale sistema democratico che, di fatto, rafforza la separatività per controllarti meglio, applicando ancora una volta il: “Divide et impera”, separa e comanda. Sembra proprio che non si riesca ad uscire dal giogo della dualità. Sebbene essa sia insita nel mondo manifesto, ciò non comporta necessariamente lo scontro degli opposti. Sappiamo che da sempre esistono dualità di tipi psicologici come introversi e estroversi; categorie sociali suddivise in conservatori e progressisti; inclinazioni personali quali l’egocentrismo e l’altruismo; schieramenti antagonisti come destra e sinistra e infine, ma non ultimi, i generi maschile e femminile. La dualità si manifesta ovunque come ineludibile compagna di viaggio, ma non per questo la si deve demonizzare. Si potrebbe vivere di comune accordo, riconoscendo che l’una parte è complementare all’altra, se ognuna delle parti fosse libera di cooperare secondo la propria nota qualitativa, senza dover competere o subire le scelte dell’altra. Scatenare una guerra per stabilire un vincitore, non porterà a una pace condivisa, bensì imposta, perché chi vince, da che storia è storia, sopraffà il perdente. 

Nel grande ordinamento di natura le coppie di opposti non si combattono, anzi, sono perfettamente complementari e si attraggono reciprocamente essendo munite di “incastri” corrispondenti. Lo vediamo nelle combinazioni delle strutture molecolari, dove il carbonio è principe nell’attirare atomi diversi, avendo più possibilità di incastro di qualunque altro elemento. Lo cogliamo nell’avvicendarsi ritmico della notte che “insegue sempre il giorno” e nello sposalizio alchemico di cielo e terra, sole e luna, maschio e femmina. Per quale ragione, dunque, dovremmo subire un sistema che sovverte l’ordine naturale inducendo gli opposti allo scontro anziché alla cooperazione? Se considerassimo le forze politiche come complementari, ridaremmo dignità alla politica ed energia armonica alla società. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che le organizzazioni sociali come: associazioni, movimenti e partiti, sono organismi viventi, espressione di singole vite che si compenetrano e sostengono.

Ogni partito raccoglie entro di sé persone accomunate dalle stesse idee o interessi. Gente che lotta per ideali condivisi o che, magari, si esalta per una ideologia a volte alimentata da capi carismatici fin troppo idolatrati. Comunque sia, il partito è ancora oggi l’organismo primario in cui convergono individui affini; un insieme coeso di desideri e speranze. Intenti e propositi a cui occorre dar voce in uno spazio neutro per poterli misurare con quelli degli altri, onde trovare denominatori comuni e ruoli appropriati. Quello spazio è il Parlamento. Come la chiave di volta delle cattedrali gotiche sostiene la spinta dei tanti pilastri, così il parlamento dovrebbe sostenere e fondere le spinte contrastanti delle forze politiche, restituendo equilibrio e stabilità al Paese. Noi vogliamo un parlamento che, come chiave di volta, riunisca le parti, distribuendo responsabilità e funzioni, secondo le loro prerogative e attitudini. Non più maggioranze e opposizioni impegnate a scontrarsi frapponendo ostacoli, ma soggetti diversi che si integrano per realizzare il bene comune.

Vogliamo poter eleggere direttamente i nostri rappresentanti, conoscendone le qualità e le vicissitudini. Vogliamo scegliere persone oneste che non cercano il potere personale, che hanno moventi altruistici e comportamenti esemplari. Questi uomini e donne esistono, sono fra noi e si distinguono per il loro bagaglio di esperienza, rettitudine e buona volontà. Non sono numerosi, ma quanti bastano per portare aria nuova, luce e armonia nelle sedi delle istituzioni. Questo è un cambiamento possibile poiché non rischia di destabilizzare il sistema da fuori, ma di migliorarlo all’interno, con aggiustamenti graduali e indolori. Se lo vogliamo, possiamo far sì che avvenga, perché ciò che succede dentro di noi, immancabilmente si manifesta fuori, nella nostra società.

Condividere questa visione significa concederti la possibilità che sia realizzabile e iniziare a pensarla nella tua mente e sostenerla nel tuo cuore. Se invece ritieni, fin d’ora, che sia un’utopia irrealizzabile, sappi che la società in cui vivi, che ti piaccia o meno, è stata pensata almeno 300 anni fa, quando alcuni individui dotati di visione, hanno formulato l'utopia di allora. Il pensiero crea, e poiché nessuno può obbligarti a pensare entro certi schemi, sei libero di uscire dalla scatola e immaginare ciò che ancora non esiste in Terra ma è reale e possibile nel reame della tua mente. Immagina il mondo che vorresti, coloralo di tutte le sfumature e mettilo per iscritto, così da averlo davanti agli occhi e ricordarti che, se continui a pensarlo, un giorno avverrà.

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