Lo stato è incapace di gestire la crisi. Incapace di trovare soluzioni efficaci per rilanciare lavoro, occupazione e crescita del paese. Incapace a far fronte alla normale manutenzione di scuole, ospedali e carceri. Se si trattasse di una impresa, il consiglio di amministrazione, leggasi governo, dovrebbe dimettersi. Ma il problema è più complesso.
Le scelte sono politiche, e dato che la politica è sottomessa al mercato, le soluzioni possono venire da una riforma del mercato o da soluzioni economiche alternative.
Noi proponiamo che lo stato conii una moneta complementare non convertibile in Euro che serva a rilanciare il paese con opere di interesse collettivo per ridare lavoro ai cassa integrati ed ai disoccupati nei vari settori di attività. In questo modo il circuito parallelo non creerebbe sovrapposizioni con il circuito dell'Euro e non si porrebbe nemmeno il dilemma se uscire dall'Euro o restare nell'Euro zona. Inoltre, si eviterebbero speculazioni e truffe di ogni tipo poiché la moneta complementare non potrebbe essere accantonata per comperare merci di lusso o abitazioni, e nemmeno potrebbe essere investita in azioni o titoli di vario genere.
In altri stati esistono da lungo tempo monete complementari che svolgono egregiamente il compito di agevolare il commercio locale e l'imprenditoria. In Svizzera, ad esempio, esiste da oltre vent'anni il WIR complementare al Franco svizzero. Nella potente Germania e in altre nazioni europee le monete complementari sono molto diffuse e risolvono problemi di mercato come si evince da questo video. Anche in Italia esistono monete complementari, come ad esempio lo Scec che, tuttavia, sono relegate alla funzione di buoni sconto.
Ciò che intendiamo promuovere è una moneta di stato complementare all'Euro che alimenti le attività nazionali atte a rilanciare il Paese. Moneta che dovrebbe essere usata solo ed esclusivamente in un circuito commerciale statale (negozi di Stato) di beni di prima necessità. La moneta, che come controvalore avrebbe la solidarietà, servirebbe a pagare i lavoratori disoccupati o a basso reddito che, a loro volta, la utilizzerebbero per comprare cibo, vestiario, servizi sociali.
Ovviamente occorrerebbe creare un circuito virtuoso che nascesse, per quanto riguarda il cibo, dalla base della filiera alimentare. Ma si potrebbe sviluppare anche un mercato alternativo di compravendita di prodotti tra privati cittadini e/o piccoli produttori locali. Tale moneta potrebbe essere usata anche per la elargizione di un reddito di cittadinanza o a pagare le pensioni delle classi meno abbienti, affitti calmierati e, come già scritto, beni primari.
Chiediamo a tutte le persone di buona volontà, che credono in questa nostra proposta, di diffonderla il più possibile in modo che si possa influenzare l'opinione pubblica e le menti di quei politici che, già aperte al nuovo, potrebbero renderla una realtà.