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Lo spazio interiore dell'uomo - di Batà M. A.

 Ogni lavoro di meditazione è in realtà un'esperienza individuale e penso quindi che non si possano stabilire regole generali in questo campo così sottile e soggettivo. Tuttavia il comunicare agli altri le proprie esperienze può sempre servire di stimolo, di confronto e di chiarimento.

Per questo ho pensato di scrivere questo libro, frutto di esperienze e di riflessioni sulla meditazione, sia individuali che di gruppo, dopo parecchi anni di pratica interiore. 

Quello che soprattutto mi ha colpito, durante questi anni di lavoro, è stato il ripetersi di difficoltà e problemi simili in quasi tutti coloro che iniziavano per la prima volta la pratica della meditazione, pur avendo una sincera aspirazione ed una serietà di intenti. 

Sono giunta alla conclusione che queste difficoltà erano inevitabili per noi occidentali ed erano dovute al nostro particolare temperamento razionale ed estroverso, e che quindi esse dovevano essere affrontate e risolte tenendo conto di questo. La meditazione è in realtà una pratica molto più diffusa in Oriente che in Occidente, dove sino a qualche anno fa era considerata un esercizio spirituale riservato solo a coloro che si erano dedicati alla vita religiosa. 

Oggi invece l'interesse per la meditazione si è diffuso anche in Occidente e, nonostante una certa confusione nel pullulare di insegnamenti e tecniche, più o meno validi, è questo un segno positivo di un risveglio di coscienza, di un bisogno interiore di ritrovare il mondo dell'Essere, e di uscire dallo stato di crisi e di alienazione in cui sembra essere caduta l'umanità. L'Oriente si sta avvicinando all'Occidente. La mentalità razionale, positiva, scientifica dell'Occidente si apre alla modalità intuitiva, mistica, introversa dell'Oriente, per un istintivo bisogno di integrazione e di completezza. 

Oriente e Occidente rappresentano simbolicamente una polarità che potrebbe essere espressa con le seguenti parole di Jung: "L'Oriente sta all'Occidente, come l'inconscio sta al cosciente". E innegabile che noi occidentali siamo diversi dagli orientali, se non altro per un patrimonio culturale, sociale e religioso che ha manifestazioni ed origini differenti. Le diversità però, stanno soprattutto nel nostro temperamento, che come ho detto, tende alla razionalità, all'estroversione, all'attivismo, mentre gli orientali hanno un temperamento che tende all'introversione, all'intuizione, alla ricettività, alla riflessione meditativa...

La nostra diversità tuttavia non deve essere considerata una inferiorità, ma l'espressione di una modalità psicologica diversa, che ha caratteristiche, qualità, tendenze, che si basano sul polo cosciente della psiche, sulla razionalità, sull'aspetto positivo-attivo della dualità umana. 

L'Occidente rappresenta per questo simbolicamente uno dei due poli della umanità, che ha una funzione opposta, ma complementare ed equilibratrice di fronte all'Oriente, che rappresenta l'altro polo, e cioè l'inconscio, inteso in senso lato. 

Anche nell'individuo singolo esiste questa polarità fra cosciente ed inconscio, fra modalità positiva e modalità ricettiva, polarità che dovrebbe avere una funzione equilibratrice e condurre a poco a poco alla totalità fra Essere e Divenire. Avviene però generalmente che vi sia la prevalenza o dell'uno o dell'altro polo, e l'equilibrio fra i due non si raggiunge che dopo graduali e successive integrazioni, dopo maturazioni e prese di coscienza, che spesso costano duro lavoro e sofferenza. 

L'ipertrofia del polo cosciente è una caratteristica dell'Occidente, mentre la prevalenza dell'inconscio è una caratteristica dell'Oriente. L'esigenza verso la meditazione, che oggi si sta diffondendo in Occidente, potrebbe quindi essere il sintomo rivelatore di una tendenza spontanea ad integrarsi con dimensioni di coscienza più profonde e ad aprirsi all'altro polo della natura umana, che non è soltanto "subcosciente", ma anche "Supercosciente" e perciò rappresenta la parte spirituale, autentica dell'uomo, il Sé, ancora latente. 

Infatti le difficoltà che generalmente noi occidentali incontriamo all'inizio di questa pratica meditativa, sono simili a quelle che si presentano quando tentiamo di interiorizzarci, di conoscerci in profondità, di venire in contatto con il nostro io più profondo. Nonostante queste difficoltà l'esigenza a meditare rimane, l'aspirazione a ritrovare se stessi e il mondo dell'Essere non diminuisce, perché, come direbbero gli orientali, il Sé preme per manifestarsi; l'altro polo della nostra natura esige di farsi conoscere e l'uomo, se è veramente giunto al momento evolutivo adatto, non troverà pace e serenità fino a tanto che non riuscirà a rispondere a questo appello silenzioso, ma potente. 

Avvicinarsi alla meditazione, a mio parere, presuppone di aver raggiunto un certo grado di maturità, un'autentica esigenza di conoscere se stessi, di realizzarsi, di andare verso il Divino. Spesso la decisione di intraprendere un lavoro di meditazione è preceduta da un periodo di insoddisfazione e di crisi, che ci spinge a ricercare sempre più spesso momenti di silenzio, di raccoglimento, di solitudine. t questo il primo segno di una specie di "meditazione spontanea", che rivela che c'è stata una risposta naturale ad un richiamo interno che proviene dal Sé Superconscio. 

Vedremo nel corso di questo libro come possiamo collaborare con questo richiamo del Sé, superare le difficoltà iniziali e allenarci alla vera meditazione, che non è una tecnica esteriore, una formula, un metodo che, con accorgimenti empirici, ci induce in uno stato di autoipnosi e di rilassamento semi-soporoso, ma una manifestazione del raggiungimento di un livello di coscienza, un'apertura della mente e del cuore verso il Divino, una graduale fusione con il mondo dell'Essere, dopo aver superato gli ostacoli creati da antichi automatismi da false identificazioni e dalla tendenza innata all'estroversione. 

"La meditazione è una crescita, una crescita verso il vivere totalmente. La meditazione è un fiorire della nostra interiorità; perciò non è che impareremo la meditazione, ma tenteremo di crescere verso di essa". (Bhagwan Shree Rajneesh, La rivoluzione interiore, pag. 15). 

Desiderando con questo mio libro di contribuire in qualche modo a questa "crescita", l'ho scritto rivolgendomi a coloro che cominciano a sentire l'esigenza di aprirsi con la meditazione alle dimensioni più alte della coscienza e che, pur essendo pronti per farlo, incontrano ancora delle difficoltà. 

Mi è sembrato utile perciò far precedere alla trattazione dell'argomento della meditazione alcuni capitoli, nei quali ho posto l'attenzione sullo "spazio interiore" dell'uomo, sui livelli di coscienza più profondi, sul mondo della "pura consapevolezza" e dell'Essere, che spesso rimangono velati, nascosti, ignorati dentro di noi. 

Inoltre ho suddiviso il lavoro di meditazione in due fasi che ho chiamato:

- meditazione psicologica
- meditazione spirituale.

La prima fase può chiamarsi "psicologica", perché in realtà è una preparazione alla meditazione vera e propria, in quanto ha lo scopo di farci superare le difficoltà eventuali date dal nostro temperamento e dalla nostra identificazione con il polo esteriore (cioè ad esempio incapacità di concentrarci mentalmente, difficoltà al rilassamento, attaccamenti emotivi, condizionamenti ecc.). 

Questa fase termina spontaneamente quando, per effetto della meditazione, riusciamo a ritrovare dentro di noi un "centro di pura autocoscienza", che a poco a poco ci aiuta a sciogliere gli ostacoli e ad instaurare un nuovo ritmo. Ha inizio allora la seconda fase, quella della meditazione "spirituale che è caratterizzata da un'unione graduale con il Sé, e che produce effetti ben precisi sui veicoli della personalità, purificandoli e trasformandoli, e sulla coscienza dell'individuo, che diviene sempre più completo, armonico, e consapevole della sua realtà spirituale. 

Come ho detto all'inizio, quello che ho scritto è frutto di esperienze di anni di lavoro interiore. Tali esperienze possono essere soggettive ed incomplete e non hanno quindi la presunzione di voler essere degli "insegnamenti", ma solo l'espressione di un desiderio di condividere con altri ciò che ho potuto sperimentare ed intuire.

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